12.3.17

BARILLA & GRANO STRANIERO A RAVENNA



 
di Gianni Lannes

Ogni italiano mangia in media 27 chilogrammi all’anno di pasta. Ma da dove viene il grano? Forse, dal mulino tricolore o da quello bianco? Spesso da aree contaminate dalla radioattività come attestano i rapporti dell’IAEA relativi ad Ucraina, Russia, Bielorussia, Romania e Bulgaria. In una percentuale che varia dal 20 al 50 per cento il frumento utilizzato per fare la pasta è straniero. E’ sufficiente fare una visita al porto di Ravenna per afferrare certe dinamiche affaristiche a detrimento della produzione nostrana, in particolare a danno della salute degli ignari consumatori. Coldiretti non ha dubbi: 

«Troppo grano estero: una speculazione. L’Italia è il principale produttore europeo di grano duro, eppure molta materia prima di scarsa qualità destinata almeno in Canada agli animali, spesso contaminata da agenti chimici e radioattivi, viene importata dall’estero e data in pasto agli italidioti dopo particolari tagli e miscelazioni. 

 
Ravenna

Il boom di importazioni del porto di Ravenna si accompagna a speculazioni di mercato che si riflettono pesantemente sui compensi riconosciuti ai nostri agricoltori, oggi tornati su livelli di 30 anni fa. E così, mentre l’importazione di cereali si rivela sempre più strategica per il porto bizantino, c’è un intero comparto - che potremmo chiamare granaio romagnolo - che rischia di sparire a causa del crollo del prezzo del grano duro destinato alla pasta, oggi praticamente dimezzato (-43%). In pericolo, ci sono anche gli alti livelli qualitativi per i consumatori garantiti dalla produzione di grano made in Italy».   




Le portarinfuse sono navi usate per trasportare carichi non-liquidi e non unitarizzati in container o pallet: carbone, rifiuti e grano. Le portarinfuse (bulk carrier in inglese) sono per convenzione divise in categorie a seconda delle capacità di carico.  Ma che ci fanno adesso a Ravenna queste navi?  Begonia S (bandiera Cook Islands, IMO 9445540) proveniente da Odessa in Ucraina; Canopus (bandiera St. Vincent & Grenadine, IMO 9076466), proveniente da Temryuk in Russia; Eagles (Panama,IMO 9006435) proveniente da Illichiusik in Ucraina; Great (bandiera Turchia, IMO 8506505), proveniente da Gulluk in Turcgìhia; Juliana (bandiera Malta, IMO 9655951), proveniente da Mariupol in Ucraina; Stellar Pacific (bandiera Antiguas& Barbuda, IMO 9316995), proveniente da Yuzhnyy in Ucraina.



La concessione ha per oggetto la temporanea occupazione e l’uso di banchina portuale sita nel porto di Ravenna in destra canale Candiano finalizzata allo svolgimento delle operazioni portuali di sbarco, imbarco, stoccaggio, lavorazione e conservazione di merci secche. Botta e risposta. «Un’annata positiva per i cereali» è quella che è apparsa nelle parole del presidente dell’associazione nazionale cerealisti Carlo Licciardi alla riunione conviviale di The International Propeller Club Port of Ravenna. Con 17,428 milioni di tonnellate di merci secche il porto segna un +8,7% rispetto al 2015 e riconferma Ravenna come il più grande scalo italiano per questa tipologia. La crescita più rilevante riguarda il comparto alimentare, derrate alimentari solide e prodotti agricoli, pari a 2.885.096 tonnellate, con 480 mila tonnellate in più (+20%), grazie soprattutto all’aumento del grano duro (+250.000 tonnellate), proveniente prevalentemente da Stati Uniti, Bulgaria e Ucraina, delle farine e dei semi soia e di girasole, provenienti soprattutto da Brasile e Argentina.


Se il grano viene macinato a Parma e passa da Ravenna poi la pasta o le merendine fatte diventano made in Italy. Assistiamo a questi miracoli ogni giorno, o forse potrebbero essere chiamati in altro modo. Questa è la tutela che abbiamo delle produzioni italiane L’ 8 giugno 2014  è stata pubblicizzata la seguente notizia. 

«Vi presentiamo il futuro treno del grano Barilla, il progetto per collegare la casa madre della multinazionale della pasta a Parma con la rete ferroviaria, per levare dalla strada parte dei camion che cinque giorni alla settimana portano la materia prima, da spostate sui vagoni. L’intenzione di costruire un raccordo ferroviario a servizio dell’impianto produttivo di Pedrignano è stata annunciata pochi giorni fa dall’ad di Barilla Colzani, assieme al bilancio 2013 del gruppo. I progetti della nuova ferrovia sono già pronti, elaborati nel corso dello scorso anno. È già iniziato anche l’iter burocratico per autorizzare i lavori. Una volta ottenuti i permessi, il cronoprogramma prevede la realizzazione di tutto il progetto in appena sette mesi e mezzo, dall’impianto del cantiere alla sua smobilitazione. Il progetto prevede la costruzione di un raccordo ferroviario fra la fabbrica e l’interconnessione ferroviaria tra la vicina linea Tav e la stazione di Parma. Saranno stesi nuovi binari su un ovale all’interno del terreno agricolo a sud dello stabilimento, che è già proprietà della Barilla.  Scopo del progetto è una nuova e più efficiente gestione logistica delle materie prime, ossia del grano, ma anche del prodotto finito, la pasta. Progetto direttamente in relazione con un altro progetto già autorizzato a Pedrignano, la costruzione di nuovi silos a Pedrignano, dove Barilla ha pure un mulino. Non tutto il grano per la pasta Barilla arriverà su ferro, ma solo quello di provenienza estera, che è circa un terzo del totale. Il resto continuerà a viaggiare su gomma. Il mulino di Pedrignano lavora annualmente 300 mila tonnellate di grano, circa 900 tonnellate al giorno, delle quali due terzi circa di provenienza italiana e un terzo estera. Finora, il grano viene portato tutto da camion: in media 27 camion al giorno da lunedì a venerdì. Ma i rifornimenti non sono regolari. Nei giorni di traffico con “bollino rosso” o “bollino nero” – vacanze o manifestazioni – l’autostrada si intasa e rallenta i rifornimenti. Viceversa, il grano estero che arriva via nave fino ai porti di Ravenna e di Livorno giunge sempre a ondate: quando la nave approda, i camion salgono a 75 al giorno, perché occorre portare a Parma l’intera stiva. La ferrovia servirà proprio per superare le difficoltà di questi carichi: il grano italiano continuerà a viaggiare con i camion. Quello che viene via mare in treno. Nelle previsioni della Barilla, i camion del grano diminuiranno di un terzo, da 10.200 all’anno a 6.750, 3460 veicoli in meno. Ma il treno servirà anche a trasportare una parte dei prodotti finiti, sia quelli di Pedrignano verso l’esterno, che quelli degli stabilimento Barilla di Caserta e Foggia verso l’interno. Sono previsti 480 camion in meno da e per Caserta, 700 in meno da e per Foggia e 2.460 camion di scatole di pasta in meno diretti in Germania. Sommando tutto, col treno ci saranno 7.100 viaggi in camion in meno all’anno».


Dall’inizio di novembre 2011 ogni settimana 2 treni dedicati, ciascuno con 40 container appositamente predisposti per questa particolare tipologia di merce, attraversano l’Emilia Romagna per rifornire il mulino della Barilla a Pedrignano, nato per alimentare con semola autoprodotta gli impianti di produzione della pasta. La logistica del servizio è modificata come segue: alla banchina di Eurodocks la merce dalla nave viene caricata su camion che poi arrivano al terminal Setramar dove scaricano sul treno. «L’importanza  dell’avvio di questo collegamento sta nell’aver portato a Ravenna due grandi operatori come Barilla e CePIM, ma soprattutto nell’avere confermato che il nostro porto, unico  della Regione, è una valida, strategica e competitiva porta di ingresso per la movimentazione di merci in cui il nostro scalo è al primo posto in Adriatico» conviene  il presidente dell’Autorità Portuale, Galliano Di Marco.


L’intenzione di costruire un raccordo ferroviario a servizio dell’impianto produttivo di Pedrignano era stata annunciata da Barilla in primavera in una con la presentazione del bilancio 2013. Il progetto ha previsto la costruzione di un raccordo ferroviario tra fabbrica e interconnessione ferroviaria tra la linea TAV e la stazione di Parma, stendendo nuovi binari su un ovale all’interno del terreno agricolo a sud dello stabilimento, di proprietà della Barilla.  Un fascio di binari, in parte doppio, in parte triplo, lungo 1,5 chilometri utilizzabile da treni fino a 450 metri da 20 vagoni. Oltre ai binari il progetto ha generato strade di servizio, una buca per lo scarico del grano all’interno di un edificio esistente, una torre di pre-pulitura al servizio dei nuovi silos e una piazza di manovra, con l’impermeabilizzazione di una superficie di 12mila metri quadrati. Il mulino di Pedrignano lavora annualmente 300mila tonnellate di grano, in precedenza portato tutto da una media di 27 camion al giorno; e quando arrivano le navi, prima dell’uso della rotaia, questo flusso si innalzava fortemente sino a 75 camion al giorno. Nelle previsioni di Barilla i camion del grano diminuiranno da 10.200 a 6.750 all’anno. Il treno servirà anche a trasportare una parte dei prodotti finiti, sia quelli di Pedrignano verso l’esterno, che quelli degli stabilimento Barilla di Caserta e Foggia verso l’interno. Sono previsti 480 camion in meno da/per Caserta, 700 in meno da/Foggia e 2.460 camion di scatole di pasta in meno diretti in Germania. Dunque in totale col treno vi saranno 7.100 viaggi in camion in meno all’anno. Con una superficie di 40.000 metri quadrati, 80.000 posti pallets e 120 camion caricati ogni giorno, il magazzino parmigiano è un autentico gioiello di automazione. Dopo la cessione di Number 1 al gruppo Fisi nel 2012, scelta strategica che ha permesso all’azienda di concentrarsi sul suo core business della produzione di pasta, sughi e piatti pronti, Barilla ha intrapreso la gestione diretta di tutti i magazzini dei propri stabilimenti e ha deciso di automatizzare il magazzino di Pedrignano, che gestisce il 25% del totale delle spedizioni, con l’introduzione di 54 carrelli a guida laser (LGV)  Il rinnovato magazzino (la struttura è stata costruita nel 1967 e ampliata in più fasi), operativo da gennaio 2013, consente di eliminare 3.000 viaggi all’anno, con investimento di 15 milioni di Euro. 
Il 30 aprile 2015 i giornali dell'Emilia Romagna hanno dato questa notizia: mezzi pesanti partivano dall'Italia carichi di amianto o fanghi di depurazione, tornavano dall'Europa pieni di cereali che finivano anche in molini bolognesi.


Allora il famoso made in Italy che fine ha fatto? Cosa accade quando le multinazionali impediscono di inserire l’indicazione esatta  dell’origine del grano nelle etichette della pasta? Secondo un sondaggio della Coldiretti 8 italiani su 10 esigono di conoscere l’origine del grano. Insomma, a conti fatti, un pacco di pasta su tre contiene grano straniero senza che però si sappia in giro. Si tratta di una necessità per arrestare le speculazioni che soltanto nel 2016 hanno provocato un crollo del prezzo di grano duro coltivato in Italia e destinato alla produzione di pasta, con un calo netto del 38 per cento rispetto al 2015. In soldoni: un crack valutato in 70 milioni di euro per il granaio d’Italia. A rischio non c’è soltanto la produzione nazionale di grano e la vita di oltre 300 mila aziende agricole, ma anche di un territorio esteso per ben due milioni di ettari.



Ecco un esempio per dimostrare il paradosso tutto italiano nella filiera grano e pasta. La Barilla si oppone all’etichettatura della pasta con l’origine del grano. La multinazionale di Parma nutre forti dubbi e perplessità sul decreto relativo all’origine della materia prima in etichetta della pasta, che nella sua versione attuale confonderebbe i consumatori e indebolirebbe la competitività della filiera della pasta. L’origine da sola, secondo Barilla, non è infatti sinonimo di qualità, tutto a svantaggio sia del consumatore che potrebbe addirittura arrivare a pagare di più una pasta meno buona sia dell’industria della pasta che un prodotto meno buono perderebbe quote di mercato soprattutto all’estero. Possibile? Ora, ci si domanda, ma come fanno questi industriali a fare simili dichiarazioni? Invece, è fondamentale conoscere il territorio dove si è coltivato, come si è coltivato, ma soprattutto cosa ci hanno spruzzato sopra. Preferireste mangiare del grano proveniente dal Canada o dall’Ucraina? Cosa volete che interessi al consumatore se l’azienda perde quote di mercato. Prima si parla tanto di mantenere una buona salute e poi si scade sempre in discorsi economici, anzi di speculazione finanziaria, che con la salute non hanno mai avuto un buon rapporto. E non è la prima volta che un decreto orientato alla trasparenza sull’origine delle materie prime viene inviato a Bruxelles. E’ accaduto anche nel 2011, ma con la motivazione di preservare e proteggere il consumatore. Molte industrie si sono opposte e non ci fu più seguito. Scegliendo cosa mettere nel piatto noi possiamo orientare il mercato. Se vogliamo difendere la qualità della vita e della produzione agricola in Italia scegliamo con attenzione, e diamo fiducia a chi usa esclusivamente e promuove soltanto cibo italiano.


Lo sapete che il grano che sbarca in Italia è sottoposto anche a fumigazioni contro i parassiti? Sapete cosa usano il più delle volte? Fosfina ovvero il tossico idrogeno fosforato, prodotto in Cina e distribuito da aziende nordamericane. 




  
   



  


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